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Antonio Vivaldi (Venezia 4 marzo 1678 – Vienna 26/27/28? luglio 1741)

La vita di Vivaldi è scarsamente documentata, solo dal '900 ci si è impegnati a ricostruirla. Le date di nascita e di morte sono incerte, e numerose lacune e inesattezze falsano ancora la sua biografia; alcuni periodi della sua vita rimangono completamente oscuri, come molti viaggi presunti o veramente intrapresi in Italia e in Europa. Per questo si è fatto riferimento, in particolare, alle rare testimonianze dirette dell'epoca, quelle di Charles de Brosses, di Carlo Goldoni, dell'architetto tedesco Johann Friedrich Armand von Uffenbach. Altre notizie biografiche provengono da alcuni manoscritti e dai documenti di altra natura ritrovati in diversi archivi in Italia e all'estero.
Il padre era Giovanni Battista Vivaldi (1655-1736), figlio di un sarto bresciano che si era trasferito nel 1666 a Venezia, dove aveva intrapreso l'attività di barbiere e poi di violinista; sua madre si chiamava Camilla Calicchio, figlia di un sarto di Pomarico in provincia di Matera, che esercitava da qualche anno a Venezia. Si sposarono nel 1676 ed ebbero altri otto figli compresi i due morti in tenera età.
IL padre era così appassionato alla musica che nel 1685 accettò l'ingaggio come violinista della basilica di San Marco, al tempo era la Cappella privata del Doge. I musicisti della Basilica avevano notevole prestigio e sempre nel 1685 fu assunto come Maestro il famoso Giovanni Legrenzi. Fu insieme a quest'ultimo, e al suo collega Antonio Lotti, che Giovanni Battista Vivaldi fondò il Sovvegno dei musicisti di S. Cecilia, una confraternita di musicisti veneziani.
Vivaldi all'età di dieci anni fu indirizzato verso la vita ecclesiastica frequentando la scuola della sua parrocchia. Da questo momento in poi non si hanno più notizie del giovane Antonio fino al 18 settembre 1693, quando raggiunse l'età minima per avere la tonsura per mano del Patriarca di Venezia Cardinal Badoaro. Iniziò quindi a studiare teologia nella chiesa di San Geminiano e in quella di San Giovanni in Oleo; in questo periodo viveva con la sua famiglia nella parrocchia di San Martino. Non abbandonò lo studio musicale.
Il 4 aprile 1699 ebbe gli ordini minori del suddiaconato nella chiesa di San Giovanni in Oleo, il 18 settembre 1700 il diaconato. Il 23 marzo 1703 fu ordinato sacerdote e fu subito soprannominato il prete rosso per il colore della sua capigliatura che era nascosta della parrucca imposta dalla moda di quel periodo. Un appellativo rafforzato anche dalla musica molto vivace, contagiosa e virtuosistica segno caratteristico di Vivaldi.
Continuò a vivere con la sua famiglia e a lavorare strettamente con il padre.
Nel 1704 ottenne una dispensa dalla celebrazione della messa per motivi di salute. Una malattia molto misteriosa, di cui si preoccuperà tutta la vita, secondo le sue stesse parole, sarebbe stato colpito da una certa "strettezza di petto", senza dubbio una forma di asma allora sconosciuta, analoga forse alla "strictura pectoris" dell'antica medicina.
Relativamente all'abbandono dell'attività sacerdotale di Vivaldi, si sono diffusi pettegolezzi e leggende. In particolare in relazione all'aneddoto raccontato dal conte Grégoire Orloff: "Una volta che Vivaldi diceva la Messa, gli viene in mente un tema di fuga. Lascia allora l'altare sul quale officiava, e corre in sacrestia per scrivere il suo tema; poi torna a finire la Messa. È denunciato all'Inquisizione, che però fortunatamente lo giudica come un musicista, cioè come un pazzo, e si limita a proibirgli di dire mai più Messa." Tuttavia i veri motivi di questo ritiro sono spiegati dallo stesso Vivaldi in una lettera, datata 16 novembre 1737, scritta a Guido Bentivoglio d'Aragona: "Sono venticinque anni ch'io non dico messa né mai più la dirò, non per divieto o comando, come si può informare Sua Eminenza, ma per mia elezione, e ciò stante un male che io patisco a nativitate, pel quale io sto oppresso. Appena ordinato sacerdote, un anno o poco più ho detto messa, e poi l'ho lasciata avendo dovuto tre volte partir dall'altare senza terminarla a causa dello stesso mio male. Ecco la ragione per la quale non celebro messa."
Dal 1703 al 1740 è maestro di violino e di composizione, poi "maestro dei concerti" e "maestro di coro" al Seminario musicale dell'Ospedale della Pietà, una delle quattro famose scuole di musica veneziane per ragazze orfane, bastarde o abbandonate. Queste giovani cantavano e suonavano con ogni strumento; facevano della musica la loro occupazione principale, disponevano dei migliori maestri e le loro esecuzioni erano quindi celebri in tutta Europa (Rousseau nelle sue "Confessioni" vanta i meriti delle scuole veneziane in termini entusiastici).
Vivaldi si assenta a più riprese da Venezia: dal 1718 al 1722 per dirigere la cappella del principe di Hasse Darmstadt a Mantova, nel 1723 e nel 1724 per far rappresentare alcune opere a Roma (dove suona davanti al Papa). Tra il 1724 e 1725 sparisce provvisoriamente dai registri dell'Ospedale della Pietà: periodo di viaggi sui quali si è poco informati.
Visita comunque numerose città italiane e straniere (soprattutto in Germania e Paesi Bassi), sia in qualità di violinista che d'impresario delle proprie opere (reclutando i cantanti, dirigendo le prove, controllando gli incassi). Opere liriche per le quali ottenne grande successo di pubblico.
Le sue opere strumentali erano allora celebri ovunque, soprattutto le ormai celeberrime "Quattro stagioni" e il fondamentale, superbo, "Estro armonico".
Nel 1730, accompagnato da suo padre, viaggiò a Vienna e a Praga, dove fu rappresentata, tra le altre, l'opera Farnace (RV 711). Altri lavori di questo periodo segnarono il suo incontro con due dei maggiori librettisti italiani dell'epoca: L'olimpiade e Catone in Utica furono scritte su libretto del già affermato Pietro Metastasio, che era divenuto nel 1730 poeta cesareo alla corte di Vienna, mentre il libretto della Griselda costituiva un adattamento, da parte della giovine speranza Carlo Goldoni, di un vecchio libretto del predecessore di Matestasio, Apostolo Zeno.
La vita di Vivaldi, come quella di molti compositori del suo tempo, si concluse infelicemente tra disgrazie e sfortune di ordine economico e umano. Le sue composizioni non venivano più particolarmente apprezzate a Venezia: i rapidi cambiamenti dei gusti musicali e l'affermazione dell'opera napoletana lo avevano messo fuori moda, e lui, in tutta risposta, decise di trasferirsi a Vienna, dove era stato invitato da Carlo VI e dove sperava forse di occupare qualche posizione ufficiale a corte. Inoltre è alquanto probabile che Vivaldi avesse in mente di mettere in scena alcune sue opere al Kärntnertortheater. Per finanziare il suo trasferimento Vivaldi non esitò a svendere un considerevole numero di manoscritti.
A concorrere alla sua determinazione di trasferirsi nella capitale asburgica, e di lasciare quindi per sempre l'Italia, era intervenuto, nel 1737, uno spiacevole episodio che aveva segnato profondamente l'animo del musicista. Alla vigilia dell'inizio della stagione d'opera a Ferrara, con la quale Vivaldi sperava di rifarsi dalle difficoltà incontrate in patria, era stato convocato dal nunzio apostolico che gli aveva notificato la proibizione di recarsi nella città emiliana, decisa nei suoi confronti dal cardinale arcivescovo della stessa, Tommaso Ruffo. Tale decisione, catastrofica a fronte dello stato d'avanzamento del progetto e degli impegni finanziari già assunti da Vivaldi, era motivata dal fatto che il prete rosso non diceva messa ed aveva l'abitudine di accompagnarsi con la Giraud ed altre donne.
Ciò è quanto emerge da una lettera inviata da Vivaldi al suo protettore ferrarese, marchese Guido Bentivoglio, per cercare il suo appoggio nel tentativo di ottenere la revoca dell'interdizione vescovile. In essa Vivaldi esponeva le ragioni di salute per le quali non officiava più da tantissimi anni il servizio divino, e proclamava la perfetta correttezza dei suoi rapporti con le dame che lo accompagnavano, tutte di specchiate, e comprovabili, devozione ed onestà. Malgrado tutti i suoi sforzi Vivaldi non riuscì, però, ad ottenere nulla e, al di là degli ingenti danni economici, fu da lui considerato un affronto tale da spingerlo a chiudere definitivamente con l'Italia.
Disgraziatamente, poco dopo il suo arrivo a Vienna, nell'ottobre del 1740, Carlo VI morì. Ne seguì una guerra di dimensioni europee, la Guerra di successione austriaca che costrinse la figlia, la futura imperatrice Maria Teresa d'Austria, a fuggire in Ungheria. Questo tragico colpo della sorte, oltre ad aver portato all'immediata chiusura di tutti i teatri viennesi sino all'anno successivo, lasciò il compositore senza protezione imperiale e senza fonti di reddito. Cionondimeno, a Vivaldi, forse perché troppo malato o troppo povero, non restò altro che rimanere a Vienna, svendendo, per tirare avanti, altri suoi manoscritti, finché, nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1741, egli morì d'infezione intestinale (o forse anche a causa di quell'asma bronchiale di cui soffriva fin dalla nascita) nell'appartamento affittato presso la vedova Maria Agate Wahlerin.
La casa, che era strategicamente adiacente al Kärntnertortheater ed era conosciuta anche come Satlerisch Haus, fu distrutta nel XIX secolo, così come il teatro stesso, e al suo posto fu edificato l'Hotel Sacher.
Il 28 luglio Vivaldi fu sepolto in una fossa comune allo Spitaller Gottsacker di Vienna. Il luogo della sepoltura si trova a fianco della Karlskirche, nell'area oggi occupata da un istituto tecnico. Targhe in sua memoria sono poste in entrambi i luoghi, sono presenti una "Vivaldi star" nella Musikmeile viennese e un monumento nella Rooseveltsplat.
Egualmente sfortunata la sua musica cadde nell'oscurità, dove rimase fin quasi alla metà del XX secolo, quando la figura di Vivaldi fu rivalutata tornando a spiccare nel panorama della storia della musica europea e la sua arte sarà apprezzata da un pubblico sempre più vasto e popolare.


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