Prèlude à l'apres-midi... - Lem56

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Prèlude à l'apres-midi...

classica > XX° le Avanguardie

Prélude a l'après-midi d'un faune

Il Prélude a l'après-midi d'un faune, dedicato a Raymond Bonheur, brano ormai famosissimo e popolare, ispirato ad un poemetto di Stéphane Mallarmé immerso "dans la nostalgie e dans la lumière, avec finesse, avec malaise, avec richesse", fu composto da Debussy tra il 1891 e il 1894 e doveva formare il primo pezzo di un trittico (Preludio, Interludio e Parafrasi finale). Rimase solo il Prélude che fu presentato per la prima volta il 22 dicembre 1894 alla "Sociétè Nationale" di Parigi sotto la direzione di Gustave Doret. Ottenne un successo immediato, tanto da essere replicato come bis. Non mancarono le critiche soprattutto dal mondo accademico, uno dei professori di Conservatorio ebbe a pronunciare un giudizio rimasto storico: c'est une sauce sans lièvre (è una salsa senza lepre), perché nella composizione non ci sarebbe un tema e uno sviluppo tematico, ma soltanto una indefinibile modulazione della frase melodica. Lo stesso Mallarmé, dopo un primo istante di sorpresa, apprezzò la pagina di Debussy, al quale inviò un esemplare del suo poema, corredato dal seguente commento: questa musica prolunga l'emozione del mio poema e ne fissa lo scenario più appassionatamente del colore.
Già nel Prélude a l'après-midi d'un faune la novità e la libertà della concezione musicale non consente di sottoporre il brano all’analisi convenzionale e ogni tentativo di schematizzazione è un errore, proprio perché è Debussy stesso ad aver pensato il brano al di là di ogni schema. Fa parte della specifica suggestione del Prélude il coesistere, fondersi, intrecciarsi di un pensiero musicale nuovo.

Del resto la scelta di ispirarsi al poemetto di Mallarmé in cui si evocano i desideri di un fauno, creatura del bosco, suonatore di flauto di Pan, immerso in accesi pensieri amorosi, stanco di inseguire le ninfe impaurite, si addormenta e  sogna di realizzare ogni suo desiderio, è evidente e risiede nel voler portare nel sogno, luogo di suggestioni ed incanti, l’attenzione dell’ascoltatore e l’ispirazione di tutta la composizione. Non cercate la verità ma seguitemi in un viaggio fantastico … Debussy vuole cogliere l'attimo, l'emozione che attraverso la musica trova la sua definitiva espressione.

Immediatamente la melodia del flauto si profila senza accompagnamento, sospesa dall’incerta definizione tonale:
un arabesco che si libra struggente in un vuoto, in una totale assenza di certezze. Iniziando sempre con la stessa nota, che ogni volta fa parte di un'armonia diversa e assume nuovi colori, il flauto ripete la sua melodia in situazioni instabili e mutevoli, proponendone sottili varianti, che si collegano con logica intuitiva e a poco a poco si spostano dall'effetto di libera, indeterminata, sospesa improvvisazione suggerito dalle prime battute. (Paolo Petazzi)

Le idee che si presentano poi nel corso del pezzo si rivelano affini alla melodia iniziale e possono essere considerate sue derivazioni, dai profili più o meno precisi. Seguono diversi sviluppi del materiale sonoro e successivi apparenti ritorni, ma è sbagliato, come detto all’inizio, cercare uno schema, l’ideale è letteralmente respirare in sintonia con le macchie sonore proposteci da Debussy.
Alla fine il brano si spegne e dissolve con la massima delicatezza in un'atmosfera sospesa, come se la musica tornasse all'ombra e al silenzio misteriosamente, come ne era uscita.

Ascolta il brano:

Orchestra National de l'ORTDF diretta da Jean Martinon (Brilliant Classic 92765/1)


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