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Debussy

classica > XX° le Avanguardie

Claude Achille Debussy: Stile

"impressionismo" significa per Debussy capacità di annotare musicalmente le sensazioni che all’io provengono da una serie di impulsi esteriori, il bisogno di eludere il disegno chiaro e classicamente limpido per lasciare il passo all’immediata emotività, a una ipersensibilità che fa della musica il mezzo di registrazione diretta delle impressioni più diverse. (G.Manzoni)

Debussy si sente vicino alla poetica simbolista ne condivide l’opposizione al realismo e al naturalismo e il desiderio di voler rappresentare il mondo esteriore attraverso la suggestione: l’incanto, il fascino, la seduzione. È con i pittori impressionisti contro l’accademismo. Si allontana dalla musica romantica fuggendo dalle forme della tradizione classica. Come molti compositori del suo tempo è un fermo oppositore del wagnerismo pur tuttavia è vicino alla musica di Wagner per quanto riguarda la concezione del discorso musicale aperto e continuo. In particolare, Debussy, favorisce il progressivo dissolversi della forma musicale attraverso costruzioni basate su "macchie sonore" ottenute tramite il superamento del discorso consonanza-dissonanza e tonica-dominante. Semplicemente la dissonanza non deve obbligatoriamente essere risolta ma c’è, è parte della realtà percepita e la melodia stessa deve superare la tradizionale tensione tonica-dominante utilizzando scale per toni interi.
La critica di oggi lo accosta all’impressionismo è non commette un errore poiché Debussy lo è nei fatti.  
… se l’impressionismo ha voluto significare la liberazione musicale della "sensazione" a contatto con la materia sonora, quest’aspirazione va messa immediatamente in relazione con il superamento di ogni … discorso articolato, conseguente e simmetrico. È proprio qui che si coglie quel legame tra Debussy e la "nuova musica".
(Armando Gentilucci)

Per capire meglio la sua musica, le trasformazioni e le innovazioni che Debussy seppe realizzare o semplicemente per capire come mai una musica scritta più di cento anni fa possa suonare così diversa al nostro orecchio, eppure così nuova, bisogna lasciarsi guidare verso un percorso più tecnico e complesso ma fruibile da tutti. Porteremo l’attenzione verso la scala e la melodia, elementi significativi della trasformazione operata da Debussy e decisamente più semplici rispetto l’armonia.

La scala per toni interi
Il sistema musicale occidentale si basa sulla sequenza di sette suoni: do, re, mi, fa, sol, la e si. Sono i suoni della scala naturale:

do, re, mi, fa, sol, la, si : quale è il punto di partenza della sequenza? La risposta ovvia è: do. Vero, è il primo grado della scala, chiamato anche tonica perché dà il tono (nome) alla scala (le scale musicali prendono il nome dalla tonica). Quale è il punto più lontano? Risposta: si. Sbagliato, perché? Perché consideriamo la sequenza posta su di un piano, come se fossero numeri, quindi il primo numero è il do, il secondo il re e così via fino all’ultimo, il settimo ovvero il si. No, non è così. Ascoltate gli esempi seguenti e notate come, arrivati al si, la scala non la sentiamo completa, conclusa:  
Se aggiungessimo il
do 2 avremmo il senso di completamento (  ) ma in realtà siamo andati oltre aprendo la strada alla sequenza successiva poiché il do 2 è più alto del do ed è il primo grado della scala successiva. Ricordiamoci che la musica utilizza sette suoni che si ripetono continuamente in una specie di spirale ascendente o discendente come i parcheggi in un autosilo: finito un piano ti trovi al successivo esattamente nello stesso punto di partenza ma ad un livello più alto.

La scala, posta su un piano corretto, si presenta in questo modo:
Ecco spontanea la risposta, il punto più lontano è il sol. Il quinto grado della scala naturale chiamato dominante perché il più lontano, perché domina la scala in opposizione al do.

Osserviamo ora la tastiera di un pianoforte:


Suonando in sequenza i tasti bianchi otteniamo la scala naturale diatonica:

I tasti bianchi corrispondono alle note naturali della scala, in più tra un tasto bianco e l’altro si trovano alcuni tasti neri. Questi non sono presenti uniformemente e corrispondono alle note alterate, a quelle note intonate in modo diverso che coincidono ai
b: bemolle o ai #: diesis.


Ora se conto i tasti bianchi e neri dal do (tonica) fino al si (settimo grado) ottengo dodici suoni, eseguiti uno dopo l’altro ci danno la scala cromatica:

La scala cromatica pone alla medesima distanza tutte le dodici note (medesimo incremento),
procede per semi-tono:
do, do#, re, re#, mi, fa, fa#, sol, sol#, la, la#, si.
Non è un errore, è proprio vero, tra il re e il mi non c’è il tasto nero, l’incremento è di un semi-tono come lo è tra si e do2.

La scala naturale di sette note al contrario procede con intervalli differenti.
Tra il do e il re c’è la distanza di un tono e così per tutte le note tranne tra mi e fa e tra si e do2.



L’unità di misura della scala è il tono, suo sottomultiplo è il semi-tono. Una scala naturale è composta da 7 note il cui incremento può essere di un tono o di un semi-tono.
Ogni singola scala deve rispettare la sequenza di incrementi: tono, tono, semi-tono, tono, tono, tono.

Quando un compositore costruisce il suo pensiero, la melodia, ci porta in un viaggio che inizia dalla tonica (
do) si muove verso l’alto o verso il basso toccando le diverse note, raggiunge il punto dominante (sol) per riportarci serenamente verso casa, verso quella tonica che sarà il punto d’arrivo del pensiero del compositore:
Il brano è tratto dal corale "Fortezza e scudo" di Martin Lutero. La scala è quella di do. Il tema inizia dal do2, esattamente a metà è sulla dominante di sol, quindi chiude con il ritorno alla tonica do.  



Questo altro esempio si intitola "L'orologio viennese" è tratto da Harry Janos di Zoltan Kodaly.
La melodia è di 8 battute. La scala è quella di
sol (sol, la, si, do, re, mi, fa#) e come per il precedente la melodia attacca con la tonica sol e a metà è alla dominante re per tornare al sicuro, alla tonica sol.




ascolta la melodia completa:


In questo modo, per secoli le melodie sono state composte tenendo conto di questi opposti: tonica, dominante, ovvero
do e sol. Opposti, come il più e il meno, l’alto e il basso, anche amore e odio, buono e cattivo, dolce e amaro ecc.
La melodia sembra un racconto in cui la protagonista ha differenti avventure ma ha un sicuro lieto fine.

Debussy alla critica accademica, sua contemporanea, che lo vessava con giudizi poco lusinghieri ripeteva sempre: non temete, il tempio (la sua composizione) è completamente costruito solo che io ho voluto togliere le colonne!
Per togliere le colonne, per eliminare qualsiasi riferimento tonale, per affrontare un viaggio attraverso l’indefinito per far si che dopo le prime note (tonica, la casa) nessuno abbia più la percezione del come si procede, dove si arrivi, come si viaggia… Debussy toglie le colonne alle sue melodie utilizzando, spesso, una scala composta da sei suoni tutti alla medesima distanza di un tono.

Ecco la scala tonale o esatonale:



In questo modo se è certo il punto di partenza poi non lo ricordiamo più e proseguiamo condotti dai suoni attraverso un viaggio dove non esistono più certezze e il ritornare a casa semplicemente non è contemplato. E allora siamo portati a seguire il respiro delle sue melodie in un mondo suggestivo, incantato in cui i suoni si plasmano nella nostra mente.

Un esempio, il tema si spinge a tanto da chiudere sulla sopratonica (secondo grado della scala):


Ovviamente meglio ancora è usare Debussy ascoltando un tema famoso il Syrinx per flauto solo:  


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