Jesahel - Anni Sessanta

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Canzoni
Jesahel
 
 
 
Parole di Ivano Alberto Fossati Musica di Oscar Prudente

Ivano Fossati - voce solista, flauto, flauto elettrico, chitarra acustica, armonica
Mimmo Di Martino - chitarra acustica, cori
Marcello Reale - basso, cori
Peppino Di Santo - batteria, percussioni, timpani
Ettore Vigo - pianoforte acustico, elettrico e preparato, mellotron, organo, clavicembalo, harmonium, celesta, vibrafono, cori
 
Pubblicata il 5 febbraio 1972 dalla Fonit Cetra
 
 
Jesahel partecipò al Festival della Canzone Italiana di San Remo del 1972 classificandosi al sesto posto.
Ascolta  questo è il video di San Remo questa è una libera interpretazione testo
La musica è molto semplice costruita su una frase e un ritornello. È l’arrangiamento il vero protagonista della canzone, non tanto per complessità ma per la disarmante semplicità a rendere Jesahel un brano “corale”, un brano che possiamo realizzare sulla spiaggia, in un bosco ovunque stiamo insieme e sempre in gruppo. Un esempio diretto fu l’esecuzione realizzata dai Delirium (filmato) durante il Festival della Canzone di San Remo del 1972. Questa semplicità e coralità del tutto hippie di Jesahel ne decretarono il successo internazionale.
 
Jesahel in aramaico, lingua plurimillenaria, vuol dire “la luce che viene da occidente”. Non proviamo a cercare un significato strutturato nella canzone perché non c’è non è una ballata. Il testo accosta frasi cariche di emozioni, ognuna vera per suo conto ma non necessariamente legata al verso successivo. Qualcuno ha provato ad immaginare una chiave di lettura pensando a Jesahel come un faro al centro che gira in tondo e osserva, mah!
 
Non sempre è necessario cercare un significato, …ti ho dato un’emozione, ti piace…: questa era l’idea di fondo di un grande autore italiano Lucio Battisti.
 
Certo che Jesahel è sicuramente frutto e modello della cultura hippie.
Parlano i Protagonisti:

Oscar Prudente:
Nei '70, la carriera di Oscar aveva ormai preso il volo, ma lui tornava sempre a Genova: «Un giorno, suonò il campanello la mamma di Ivano: aprì mia madre, Lina; sentì raccontare del figlio che amava la musica, e aveva fondato i Delirium. Germana chiese di farci incontrare». Anche quella volta Prudente non disse di no: «Era il momento hippy, ebbi questa melodia di "Jesahel" e Ivano pensò a una cosa tipo Joe Cocker a Woodstock. Volevamo andare a Sanremo: allora, testi e musiche si mandavano al sindaco. Coinvolsi i Flora Fauna e Cemento, e Lavezzi. Ci sponsorizzò il Genoa e andammo a Sanremo sul suo pullman. Avevamo il mellotron, lo si doveva accendere 2 o 3 ore prima e fummo costretti a metterci uno di guardia perché ce lo avevano spento di nascosto, la prima sera. Arrivammo sesti, ma fu un successo enorme. Poi, Ivano andò militare e sciolse il gruppo. Continuammo a frequentarci, ci balenò l'idea di scriver canzoni per altri».

Estratto da: Fossati, Ivano, Carte da decifrare, Torino, Einaudi, 2001, pp. 24-27
…Alle mie spalle c’erano invece i Delirium e Jesahel, un successo extraeuropeo che ha avuto sette versioni solo in Francia ed è uscita in Inghilterra, anche se nel 1972 per noi era un territorio completamente chiuso. Difficile che una canzone italiana finisse nelle classifiche inglesi e invece Jesahel nella versione di un gruppo che si chiamava Congregation, era salita in alto. Era uscita, fatto ancora più singolare per allora, anche negli Stati Uniti e c’era stata persino una versione vietnamita. Una meraviglia che in realtà non si riusciva a palpare, forse adesso ne sarei capace, saprei come comportarmi di fronte a una situazione così sorprendente. Capita che a vent’anni scatti una specie di incredulità, sembra impossibile che il disco con la tua faccia stampata sopra sia uscito in Germania, Francia, ma soprattutto nei Paesi extraeuropei. Tra le altre cose aveva anche vinto il premio della critica al Festival di Sanremo, mah! Da quelle parti, e in quell’occasione, mi sono esibito solo un’altra volta, quasi trent’anni dopo, nel 1999, come «superospite», una parola che mi imbarazzava per quanto è brutta. Il vantaggio di vivere in Liguria mi ha permesso di tornare a casa la sera stessa, cosa non da poco.
E dire che era nato tutto quasi per scherzo una sera a Genova. Ci siamo incontrati Oscar Prudente e io, lui è ancora un mio caro amico ed è sempre una persona di talento vivissimo. Insieme abbiamo scritto molte canzoni, come Pensiero stupendo, e vissuto anche esperienze divertenti. Nel 1976, ad esempio, suonavamo per intrattenere i crocieristi della Eugenio Costa sulla tratta Genova-Istanbul avanti e indietro, avanti e indietro. Quella sera di qualche anno prima ci eravamo trovati in un locale di Genova, di quelli dove si suonava, dove si facevano soprattutto jam session, avrò avuto diciott’anni, lui qualcuno più di me. Eravamo nella sala superiore, io me ne stavo seduto sopra il biliardo, e lui con la chitarra mi ha fatto sentire quegli accordi che sembravano una cantilena dicendo: «Pensa che bello, tu sei capace di scrivere i testi per le canzoni, perché non provi?». All’epoca, a dire il vero, un paio di canzoni le avevo anche scritte, ma erano abbozzi che non ho nemmeno mai conservato, non mi sentivo davvero «un autore». Avevo smesso di studiare e suonavo nei gruppi. Pur avendo l’intenzione fortissima di fare della musica il mio lavoro, non avevo mai pensato di cantare e tanto meno di incidere dischi. Va detto che a quell’epoca in sala d’incisione non si arrivava facilmente. Avevo dato due esami all’Accademia Lanaro presso il Conservatorio di Genova: spesso leggo sui giornali che mi «fanno» diplomato, in realtà ho iniziato a suonare il pianoforte quando avevo otto anni, e oltre a quel paio di esami non c’é nulla, se non la teoria musicale sulla base della quale dal pianoforte sono passato agli altri strumenti. Poi c’è anche la ripresa dello studio del pianoforte dal 1993 a oggi.
Quella sera Oscar mi aveva coinvolto in questo gioco del «dai proviamo». Fatto sta che in poco tempo le parole sono venute fuori, ho scritto un testo che non si basava su nessuna tecnica perché non ce l’avevo allora la tecnica, non avevo nessuna esperienza. Lì, nel momento in cui affioravano le parole, accadeva tutto quasi per gioco, anche perché sapevamo, credevamo anzi, che non ci sarebbe mai stato un utilizzo. Era un po’ come se fossimo stati due che facevano un altro mestiere, che una sera si divertono a scrivere una canzone per farne nulla se non un gioco. Ecco, era così. Noi non pensavamo in nessun modo che quel lavoro potesse avere un senso e fu un caso che, due anni dopo, approdato ai Delirium, mi ricordassi di avere in fondo al classico cassetto quella canzone. Fummo spinti a pubblicarla perché piacque molto all’interno della casa discografica, e da buoni mestieranti non si sbagliavano. Anche il seguito fu tutto abbastanza casuale. Jesahel ha venduto più di un milione di copie in Italia nella nostra versione, oltre a tutte quelle che ne fecero un successo editoriale enorme.
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